Gli anni ruggenti di Tamara De Lempicka
La regina dell’Art Déco
Se avessi una macchina del tempo la lancerei verso i ruggenti
anni ’20, destinazione Parigi, Rive Gauche. C’è una festa in stile “Great
Gatsby” in Rue Mecháin. Sarei sicuramente una “flapper” e
con un po’ di fortuna, tra un charleston e una coppa di champagne, potrei
incrociare lo sguardo ammaliante della padrona di casa: Tamara De Lempicka,
emancipata pittrice e diva incontrastata dei salotti parigini, donna
cosmopolita, spregiudicata e talentuosa che cerca di imporsi e vivere della
propria arte in un mondo dominato da uomini.
Pochi artisti come lei seppero decifrare e raccontare il suo
tempo. Il primo ‘900 è un’epoca inquieta in cui la Lost Generation di
F.S. Fitzgerald trova nel sesso, la notte, le feste e il lusso l’antidoto
all’angoscia lasciata dalla Prima Guerra Mondiale. In questo spazio la donna
trova una via per affermarsi al di fuori degli schemi tradizionali di “angelo
del focolare” e la Lempicka la rappresenta con forza e leggiadria, dando un
nuovo significato alla parola femminilità. “È difficile essere donna in questo mondo, per sopravvivere devi usare
corpo e sessualità”.
Per Tamara De Lempicka l’emancipazione passa anche attraverso l’ostentazione di
una femminilità “virile”. Spesso ritratta in pose da diva hollywoodiana, la
“Garbo dell’Est” appare sulle copertine delle riviste patinate femminili
indossando con disinvoltura anche abiti di taglio maschile. Nata come grafica
per riviste di moda e prima ancora come disegnatrice di cappelli per signora,
la sua arte è completamente dedita alla valorizzazione della donna grazie a uno
stile che combina la ritrattistica tradizionale, la tecnica pubblicitaria, la
luce fotografica e l’architettura che le vale il titolo di “Regina dell’Art Déco”.
I giornali parlano di lei non come di un’artista ma come di un personaggio
mitico. Costruisce la propria immagine di donna fatale e misteriosa giocando
sull’ambiguità e facendo parlare di sé a proposito della sua vita notturna nei
locali di Parigi, delle sue interminabili sessioni di pittura alla sola luce di
una lampada blu sulle note di Wagner e il suo uso abituale di cocaina. Per
prima comprende l’importanza dello scambio vitale tra arte/immagine
pubblica/comunicazione (ruolo fino a quel momento a totale appannaggio dello
star system cinematografico). Vende i suoi quadri quattro volte superiori allo
standard della quota di mercato dei suoi colleghi artisti e a soli 28 anni
festeggia il suo primo milione di franchi.
La pittrice che amava le donne (libere)
Photo: un particolare del dipinto "Les jeunes filles" di T. De Lempicka
Tamara è in ogni donna che ritrae e nel farlo ci dona la sua essenza. Il suo mistero è svelato attraverso i piccoli dettagli dei suoi personaggi: una verità centellinata visibile solo agli occhi più attenti. Le sue donne – modelle e sue amanti del momento - sono belle, eleganti, sofisticate, provocanti e irraggiungibili. Da donna libera - e bisessuale dichiarata - rappresenta donne anch’esse libere da ogni pregiudizio. Donne comuni, aristocratiche, prostitute, attrici e ballerine. Le dipinge perché le ama: Ira Perrot ricca vicina di casa e sua prima amante che le paga un viaggio in Italia e l’occasione di farsi conoscere come artista; Rafaela Fano procace prostituta incontrata per caso durante una passeggiata e protagonista di sei ritratti tra cui uno dei più grandiosi nudi del XX secolo secondo il Sunday Times Magazine; Suzy Solidor, ballerina e proprietaria di un locale notturno per sole donne; Marika de la Salle, ricca contessa ritratta in posa mascolina e in abito da cavallerizza è uno dei simboli della donna moderna e l’unico ritratto che la pittrice tenne sempre nella sua camera da letto. Donne fiere del loro corpo, colte nel pieno della loro bellezza, in pose classiche, nude o semi-nude, o semplicemente investite da una luce intensa. “Ho dipinto re e prostitute… non dipingo persone perché sono famose. Dipingo chi mi ispira e mi fa vibrare”.
Uno stile inconfondibile
© 2019 Tamara Art Heritage / ADAGP, Paris / ARS, NY /dlempicka.org
Il suo stile pittorico rappresenta la sua personalità. Una pittura fortemente visiva, vibrante, sensuale, caratterizzata da un’anatomia sfigurata e deformata all’interno di linee curve che richiamano i cerchi e gli archi del cubismo. Figure scultoree e spazi angusti in cui il soggetto occupa quasi tutto lo spazio e solo sullo sfondo troviamo qualche elemento scenografico (lo skyline di New York, le montagne di Saint Moritz, oggetti d’arredo sono un richiamo alla modernità) mentre i drappeggi e le pieghe dei tessuti sono di ispirazione classica. I colori sono sempre gli stessi, i volti sono definiti da ombre nette, gli occhi sgranati, malinconici e sfuggenti intrisi di solitudine e malinconia tradiscono il disagio moderno che anticipa la Seconda Guerra Mondiale.
“Sono stata la prima donna a
dipingere in maniera chiara e pulita: questo è il segreto del mio successo. Tra
cento quadri riconoscerai il mio perché la mia pittura affascina le persone”. Il suo tocco femminile è unico. La
cura e l’attenzione per ogni dettaglio decorativo, le labbra rosse, gli occhi truccati,
le pose delle mani, i capelli e i gioielli ispirano la direttrice della rivista
tedesca Die Dame che nel 1929 la chiama per occupare la prima pagina del numero
di luglio con il suo celeberrimo “Autoritratto alla guida della Bugatti”. Attraverso
una rivista di moda femminile Tamara De Lempicka rivendica la sua emancipazione
in nome di tutte le donne moderne. Un’emancipazione mai completamente ottenuta
e per questo motivo si auto rappresenta al comando dello strumento più virile
in assoluto: l’automobile (con buona pace di Filippo Tommaso Marinetti e del
suo Manifesto Futurista). Automobile come simbolo della liberazione della
donna, e per ribadire il concetto non usa la sua auto personale (una modesta
Renault gialla) ma una Bugatti 43, l’auto più in voga del momento.“Volevo rappresentare la “donna eccessiva”,
connubio di bellezza e perversione, senza trascurare l’eleganza della figura.
Insomma il prototipo del moderno e spregiudicato dinamismo costruito
sull’immagine simbolica del femminile degli anni Venti e Trenta”.
Icona del passato e del presente
La pop-star Madonna, estimatrice dalla pittrice, è diventata una sua grande collezionista, e da essa ha tratto più volte ispirazione
Leggendario il suo incontro con Gabriele D’Annunzio: invitata al Vittoriale per un ritratto, la “Donna d’oro” non cede alle avances del Vate che la considera una preda qualunque e viene liquidato come un “vecchio nano in divisa” (ma solo dopo aver ricevuto in dono un prezioso anello e avergli concesso di baciarle un’ascella).
A distanza di quasi un secolo dal suo esordio nel mondo dell’arte, il genio e la sregolatezza di questa Venere moderna continuano ad affascinare l’immaginario collettivo. Molte celebrità di Hollywood collezionano i suoi dipinti, e la popstar Madonna ha usato la sua immagine e le sue opere nelle scenografie del Blond Ambition World Tour e nei videoclip di Open Your Heart, Express Yourself e Vogue: chi non ricorda la cantante con i riccioli biondi, le labbra rosso fuoco e l’iconico reggiseno a punta?
“Io
vivo ai margini della società e le regole della società non hanno potere su
coloro che vivono ai margini.”
(Tamara De Lempicka)
(Testo: Zebra a Pois - Foto di copertina: un ritratto fotografico della pittrice)